giovedì 27 agosto 2015

Imponenti manifestazioni in Guatemala/1

Il 25 aprile 2015 migliaia di guatemaltechi (indigeni, operai, professionisti, campesinos, gli operai e gli studenti delle università sia private che pubbliche) hanno manifestato per le strade di tutto il Paese ma anche in Messico, Cile, Costarica e Inghilterra chiedendo le dimissioni del presidente, Otto Pérez Molina, e della sua vice, Roxana Baldetti perché accusati di corruzione ed appropriazione indebita di circa 130 milioni di dollari di proprietà dello stato del Guatemala.

I manifestanti scesi in piazza chiedono le dimissioni del Presidente che dal giorno della sua elezione nel novembre 2011 ha soltanto soltanto usato la Presidenza per aumentare il proprio potere e le proprie ricchezze insieme a quelle degli imprenditori.
Le mobilitazioni in tutto il Paese ricordavano anche i massacri delle comunità maya avvenuti durante l’operazione Tierra Arrasada pianificata dall'allora presidente Rios Montt, gestita dall'allora generale Molina (detto "Mano Dura") ed appoggiata dalla classe imprenditoriale; nell'operazione l'esercito invase i villaggi indigeni che si opponevano all'estrazione mineraria a cielo aperto e alla costruzione delle centrali idroelettriche.
Nell'operazione Tierra Arrasada vi furono numerose violazioni dei diritti umani che ancora oggi non hanno avuto giustizia. 

Il governo temeva molto la manifestazione del 25 aprile dove le parole d'ordine erano "Hoy ponemos de moda la dignidad" e "Nuestro deber es defender a Guatemala" a causa della risonanza internazionale con cui sarebbero stati resi noti tutti gli scandali.

I guatemaltechi sono tornati a manifestare nelle strade anche se esiste sempre una repressione non molto diversa da quella degli anni Ottanta; durante la manifestazione sono stati lanciati slogan contro il saccheggio neoliberista del loro paese, l’impunità, l’ingiustizia sociale, la corruzione e contro il femminicidio. 

lunedì 3 agosto 2015

Perù: Continuano le proteste contro le miniera Tia Maria

Dal 23 marzo 2015 i contadini della provincia di Isly (nella provincia di Arequipa) hanno iniziato uno sciopero ad oltranza che già a fine marzo vi sono stati scontri tra polizia e manifestanti provocando un morto e decine di feriti (Perù: proteste contro la miniera Tia Maria). 
I manifestanti che si oppongono al progetto della compagnia Southern Copper hanno ottenuto il supporto e la solidarietà dei lavoratori edili, degli insegnanti e della Asociación de Urbanizaciones Populares de Arequipa (l’associazione dei quartieri popolari di Arequipa) mentre sono stati accusati dal responsabile delle Relazioni Istituzionali della Southern Copper, Julio Morriberón, di essere dei "terroristi anti-miniera".

I manifestanti già dal marzo 2011 erano a conoscenza della mancanza del rapporto di impatto ambientale e la mancanza di uno studio idrogeologico per l'area interessata dalla miniera ed a causa di questo il governo bloccò il progetto.
Anche se il progetto era stato bloccato il Ministero dell’Energia e delle Miniere nell'agosto 2014 approvò il nuovo studio di impatto ambientale presentato dalla Southern Copper; quest'ultima ha affermato che ogni riserva sollevata nel 2011 era ormai superata e ciò ha scatenato la protesta dei contadini della provincia di Isly che non credano sia possibile a causa delle 14 sanzioni comminate dall'Agenzia per la Valutazione ed il Controllo Ambientale alla Southern Copper per l'inquinamento ambientale del mare di Ilo.

Gli oppositori del progetto della società Southern Copper chiedono un referendum ma il governo si oppone e respinge la possibilità di fare una consultazione popolare sulla miniera perché sostiene, insieme ai media a lui vicini, che la popolazione della Valle del Tambo è presente una larga maggioranza silenziosa favorevole alla miniera la cui voce non viene udita a causa delle proteste dalla minoranza. 
A sostegno degli oppositori al progetto Tia Maria a fine aprile il giornale La República ha pubblicato un sondaggio a livello nazionale nel quale risultava che il 51% della popolazione riteneva che "i manifestanti hanno ragione, il progetto provocherà inquinamento e che le azioni predisposte dalla miniera per evitarlo non sono sufficienti”, contro il 32% che si diceva favorevole alla miniera.

L'industria mineraria non è un’attività qualsiasi ma è quello che comporta il più alto tasso di militarizzazione dei conflitti sociali. Il Perù è il paese in cui si ha il maggior numero di conflitti sociali legati all'industria mineraria di tutto il Sud America; l'invio dell'esercito per contrastare gli oppositori ha trasformato le regioni peruviane dove vivono le comunità indigene, rurali ed anche urbane in zone dove il governo impone lo stato di emergenza in modo quasi permanente criminalizzando di fatto coloro che dissentono e vogliono veder riconosciuti i propri diritti.