giovedì 19 giugno 2014

Paraguay: il genocidio Anché

La comunità indigena Anché con l'aiuto dell'ex giudice spagnolo Baltasar Garzon ha presentato una denuncia al giudice argentino Norberto Oyarbide per il genocidio subito durante la dittatura di Alfredo Stroessner tra il 1954 ed il 1989. 
Garzón che attualmente presiede il Centro Internacional para la Promoción de los Derechos Humanos (Cipdh) ha affermato durante la presentazione della denuncia che "circa il 60% del popolo Anché fu ucciso ed un numero notevole risulta desaparecido, inoltre vi sono stati numerosi casi (circa 200 quelli appurati ufficialmente) di bambini venduti per lavorare come domestici o adottati illegalmente". L'inizio delle uccisioni di indigeni appartenenti alla comunità Anché e della requisizione delle loro terre inizia nel 1968 quando il governo Stroessner insieme ad una parte della popolazione non indigena ha requisito la terra nella zona di Rata de monte. La popolazione non indigena organizzò, secondo numerose testimonianze, vere e proprie battute di caccia contro i membri della comunità come fossero animali. Le donne ed i bambini che non venivano uccisi erano venduti come servi.

Perché la comunità Anché ed il Cipdh si sono rivolti alla giustizia argentina? La spiegazione la da Carlos Ortellado, il cui padre fu ucciso 38 anni fa dall'esercito paraguayano, ed è emblematica; "lo Stato paraguayano non ha dato risposta alle denunce presentate e per questo motivo e grazie al principio della giurisdizione universale abbiamo presentato le nostre denunce in Argentina dove le indagini sul Plan Condor sono ben avviate [...] Il problema in Paraguay è che molte delle famiglie legate alla dittatura occupano ancora oggi posizioni chiave nello Stato".

mercoledì 11 giugno 2014

Chiapas: nuovo attacco alle comunità Zapatiste/2

Gli attacchi del maggio 2014 alle comunità Zapatiste di Realidad non sono frutto di frizioni tra comunità confinanti ma di una strategia che coinvolge più livelli dal governo locale al governo nazionale che, 
utilizzando i gruppi paramilitari, cercano di distruggere i progressi raggiunti dalle comunità zapatiste e ciò che rappresentano. 

L’attacco a Realidad è stato pianificato proprio quando erano presenti i difensori dei diritti umani del Frayba (che stavano cercando di risolvere il "conflitto" derivante dall’uso della ghiaia comune e del furto/provocazione di un veicolo zapatista) e non è i primo subito dalla CIOAC.
La CIOAC “histórica” e “democrática”, anche se nate da settori popolari e progressisti della società nelgli anni '60, oggi agiscono con metodi e strategie di paramilitari e sono "legate" ai partiti per ottenere favori, protezioni e potere a livello locale e nazionale; con cui formano gli ingranaggi di un meccanismo controrivoluzionario per reprimere l’esperienza del EZLN in Chiapas.

Il Frayba, organismo per la difesa dei diritti umani presieduto dal vescovo di Saltillo, Raúl Vera, documentò nei loro rapporti come fu proprio la CIOAC ad attaccare la comunità di Realida EZLN il 30 gennaio 2014, anche se le due parti avevano sottoscritto un patto di “non belligeranza” nel novembre 2013. 
Nell'attacco del gennaio scorso oltre 300 persone della CIOAC, armate di pietre, bastoni e machete, aggredirono la comunità zapatista del Municipio Autonomo XVII de Noviembre e si contarono sei feriti di cui due molto gravi.
Le numerose aggressioni attuate dal CIOAC hanno portato il bilancio nell'ultimo anno a tre vittime ma hanno anche evidenziato come la tipologia delle azioni e gli obiettivi si sono via via sempre più innalzati (l’interruzione del dialogo con le comunità Zapatiste, la numerosità dei gruppi e l'importanza delle vittime) a causa, molto probabilmente, della forza del movimento zapatista e della risonanza della marcia silenziosa dei 40.000 (in ricordo della strage di Acteal avvenuta il 22 dicembre del 1997), la riattivazione delle reti di solidarietà internazionale e nazionale promossa dall’EZLN come il progetto "Escuelitas Zapatistas para la Libertad según los y la Zapatistas" che ha riportato in Chiapas migliaia di attivisti e simpatizzanti dando nuova linfa alla diffusione delle idee zapatiste.

Così continua la militarizzazione le menzogne e la persecuzioni, sempre con il supporto della stampa addomesticata, che continuano con intensità variabile a seconda del periodo politico, economico e storico.

martedì 3 giugno 2014

Cile: Condannati ufficiali della DINA

Il tribunale di Santiago del Cile ha condannato a fine aprile 75 agenti della polizia politica di Pinochet accusati del sequestro e della sparizione nel 1974 di Jorge Grez Aburto militante del Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR che combatté contro la dittatura anche con la lotta armata) fu arrestato dagli agenti della DINA in una galleria d'arte a Santiago del Cile il 23 maggio 1974.
La sentenza di oltre 400 pagine del giudice Hernán Crisosto condanna a 13 anni di carcere cinque alti ufficiali della DINA (Dirección de Inteligencia Nacional) César Manríquez, Pedro Espinoza, Marcelo Moren Brito, Miguel Krassnoff Martchenko y Gerardo Urrich González già condannati per altri crimini simili.
Insieme a loro è stato condannato anche il generale  Manuel Contreras Sepúlveda che dirigena la polizia segreta; quest'ultimo è già condannato ad oltre 300 anni di carcere per decine di violazioni dei diritti umani durante la dittatura di Augusto Pinochet (1973-1990). 
Inoltre sono stati condannati 35 ex-agenti a dieci anni di reclusione ed altri 33 persone come informatori a quattro anni.

Durante il processo molti prigionieri politici sopravvissuti hanno testimoniato di aver visto Grez Aburto in due centri di reclusione, uno dei quali era nel pieno centro di Santiago e per la precisione in calle Londres 38, entrambi gestiti dalla polizia politica cilena.
Il processo ha appurato che Jorge Grez Aburto fu inserito nella lista delle vittime della "Operación Colombo", una operazione fittizia della DINA per "giustificare" la sparizione di 119 prigionieri politici la maggioranza appartenenti al MIR, nella quale la DINA afferma di aver avuto vari scontri a fuoco con questo movimento in cui morirono alcuni militari ed appunto 119 oppositori di Pinochet.