domenica 25 ottobre 2009

L'acqua: un diritto inalienabile

Il governo ecuadoriano ha presentato un disegno di legge che mette in pratica l'articolo 12 della nuova Costituzione che afferma: "Il diritto umano all’acqua è fondamentale ed irrinunciabile. L’acqua costituisce un patrimonio nazionale strategico di uso pubblico inalienabile ed essenziale per la vita".
La proposta di legge che il Governo ha presentato alla Presidenza della Repubblica pone l'accento sul principio che "l'acqua è una risorsa e come tale è patrimonio nazionale e strategicamente ad uso pubblico" per cui le concessioni verranno erogate solo e soltanto per soddisfare i bisogni della popolazione.
Altro punto importante della proposta è quello che vieta con ogni modalità la gestione privata sia diretta che indiretta dell'acqua e se ne vieta anche lo sfruttamento economico. Con questo indirizzo si stabilisce che solo delle società pubbliche, comunità agricole, organizzazioni comunali, possano erogare il servizio avendo come obbiettivo quello di soddisfare le necessità dell'intera comunità.
Il disegno di legge, che dovrà essere approvato entro la metà di ottobre del 2009, si compone di 197 articoli in cui si specifica anche che le cariche dirigenziali delle società che gestiranno il servizio pubblico saranno elette democraticamente e non potranno superare i 3 mandati.

mercoledì 21 ottobre 2009

Alla sbarra la Chevron per danni ambientali

La compagnia petrolifera statunitense Chevron fu denunciata più di dieci anni fa in Ecuador per il danni all'ambiente causati dall'improprio smaltimento dei rifiuti dell'estrazione e della lavorazione del greggio tra il 1966 ed il 1990.
Lo smaltimento, non controllato, dei rifiuti tossici e di petrolio grezzo da parte della Chevron ha causato un forte inquinamento del Rio delle Amazzoni. I versamenti illegali nel bacino idrico più vasto al mondo ha causato danni incalcolabili sia all'ambiente sia alle popolazioni locali; il danno economico per bonificare e risarcire le popolazioni è stato quantificato dal Governo dell'Ecuador in circa 28 miliardi di dollari.
Oltre alle accuse formali che hanno portato ad aprire un processo a carico della compagnia petrolifera statunitense, la Chevron deve difendersi anche da un lungometraggio (intitolato Crude) che documenta come gli indios e le comunità che vivevano a stretto contatto con il Rio delle Amazzoni abbiano avuto un incidenza molto più alta della media nazionale di alcune malattie come cancro, leucemie, aborti, malformazioni dei neonati; tutti questi danni secondo autorevoli studi sono riconducibili all'inquinamento prodotto dalla multinazionale.
La multinazionale statunitense per cercare di non perdere totalmente la propria credibilità e per porre un freno, anche se parzialmente, alle accuse su cui la magistratura sta indagando sembra sia venuta in possesso di alcuni video in cui il giudice che presiede il processo a carico della Chevron stia trattando il suo prezzo con due rappresentanti del governo che vorrebbero far condannare la compagnia petrolifera.
Dopo questa rivelazione il governo ha chiesto alla Chevron di rendere pubblico il video ma la multinazionale si è rifiutata senza motivarlo, aggiungendo che le immagini ed i colloqui tra il giudice e gli emissari del governo sono più che eloquenti.
Il perché la Chevron non renda pubblici questi video non è dato saperlo ma il sospetto che sorge è quello che i video non esistano, e servano solo per sviare l'opinione pubblica e per mettere in cattiva luce il Governo e la giustizia ecuadoriana che è chiamata a giudicare un complesso processo.

giovedì 15 ottobre 2009

Repressione in Honduras

Durante la notte del 22 settembre a Tegucigalpa migliaia di persone sono rimaste accampate intorno all'ambasciata brasiliana anche se il governo golpista aveva imposto il coprifuoco fino alle 7 di mattina prorogato poi fino alle 19.
L'esercito e la polizia hanno chiuso l'aeroporto internazionale della capitale ed hanno anche bloccato tutte le vie di accesso alla città; ma molte persone che provengono da varie parti del paese sono riuscite e raggiungere l'ambasciata dove Zelaya si è rifugiato.

Dopo una notte passa tranquillamente, circa alle 6 del mattino, l'esercito e la polizia hanno intrapreso molte azioni contemporanee contro i manifestanti in varie parti della città; fortunatamente i manifestanti durante la notte, non fidandosi del governo golpista, si sono creati delle barricate per resistere ad eventuali attacchi delle forze dell'ordine che puntualmente sono arrivate.
L'esercito ha attaccato con un fitto lancio di lacrimogeni e con numerosi colpi di fucile le barricate di Ponte Guancaste, di ponte de La Reforma Calcolando, di Barrio Morazán e di Barrio Guadalupe provocando, secondo fonti ufficiose, tre morti e più di duecento feriti gravi
L'ambasciata brasiliana, dove si trovano più di 300 persone oltre al legittimo presidente ed il corpo diplomatico, è isolata ed è stata tagliata la fornitura di acqua e di cibo da quando Zelaya si è rifugiato.
Le azioni della polizia non si sono fermate solo al cercare di fare breccia tra le barricate costruite dai manifestanti, ma hanno anche fatto irruzione nelle case per arrestare i dissidenti. Danno fuoco alle auto degli oppositori, arrestano le persone che si trovano all'ospedale dopo gli scontri del pomeriggio del 23 settembre e vengono condotti al centro di detenzione creato allo stadio Chochi Sosa, una idea presa in prestito dal dittatore, dove sembra che oltre 150 persone siano rinchiuse illegalmente.

Alcune testimonianze trapelate dalla capitale che è praticamente isolata affermano che "da qualche ora commandos della polizia, delle forze speciali Cobra e dei militari stanno aggredendo la gente che si trova intorno all'ambasciata brasiliana. Sono stati confermati due morti per ferita da arma da fuoco, sparati durante lo sgombero forzato. Gas lacrimogeni e spari tutto intorno all'ambasciata e vicino al palazzo dell'Onu, dove lo sgombero prosegue. È stata anche violata la sovranità brasiliana, in quanto un lato dell'edificio è stato colpito. In vari punti del paese si sente che a centinaia siano stati arrestati nei vari posti di blocco instaurati per evitare che la gente continui ad affluire Tegucigalpa. Ci appelliamo alla comunità internazionale, affinché con urgenza intervenga per esigere la fine della repressione immediatamente". "Le forze repressive del governo golpista ha lanciato una caccia al popolo honduregno nelle strade di Comayaguela e Tegucigalpa. Nei pressi dell'ambasciata brasiliana ci sono molte persone ferite. Alcuni sono scomparsi. Chiediamo aiuto a tutte le nazioni del mondo. Fermiamo questa barbarie. Ci appelliamo a tutti i paesi che si sono detti nostri amici, aiutateci ora. Non possiamo aspettare domani. È urgente! Le nostre vite sono in pericolo. La vita stessa del presidente e dei suoi familiari. Questa repressione è brutale".

Il presidente illegittimo Micheletti che aveva aperto le porte al negoziato ha scoperto le proprie carte, ha preso tempo ed infine ha usato l'universale ed intramontabile stile golpista: repressione a suon di lacrimogeni e colpi di fucile.

domenica 11 ottobre 2009

Guatemala: condannato paramilitare

Il processo che vedeva imputato l'ex paramilitare Felipe Cusanero in Guatemala è terminato con una sentenza di colpevolezza a suo carico per le decine di persone che ha torturato e ucciso personalmente nel villaggio di Choatalum, nella provincia di Chimaltenango, tra il 1982 e il 1984. Cusanero è stato condannato a 150 anni di carcere.
La guerra civile in Guatemala iniziò quanto il dittatore Carlos Castillo Armas si insediò al posto del presidente, Jacobo Arbenz Guzmán nel 1954, eletto democraticamente.
La dittatura militare che si instaurò portarò al conflitto civile che durò per 36 anni a partire dal 1960, e che provocò 200.000 morti, in maggior parte indios, tra la popolazione guatemalteca. L'ONU una volta siglati gli accordi di pace formò la Commissione per la Verità per appurare le responsabilità sulle morti e sulle violazioni dei diritti civili. Nella relazione conclusiva della Commissione si può leggere che circa il 90% dei reati fu compiuta dai militari e dai paramilitari che li coadiuvavano.

mercoledì 7 ottobre 2009

Per la liberazione dei Cinque, contro il silenzio dei mezzi di comunicazione



A giudizio 129 agenti della DINA

Il giudice Víctor Montiglio ha firmato 129 ordini di arresto per altrettanti ex-agenti della polizia segreta (DINA) che erano in servizio durante la sanguinosa dittatura di Pinochet. I mandati di cattura sono stati spiccati per gli innumerevoli omicidi, sequestri, torture, inflitte dagli ex-agenti agli oppositori del regime dal 1973 al 1990.
Il tribunale cercherà da fare ulteriore luce sia sull'Operación Condor che sull'Operación Colombo,
Della Operación Condor parlò la prima volta il generale brasiliano Breno Borges Fortes, durante la decima conferenza degli eserciti americani del settembre 1973, che propose un'alleanza tra i vari servizi segreti al fine di combattere il comunismo. Nel febbraio 1974 le direzioni delle polizie segrete di Cile, Bolivia, Argentina, Uruguay e Paraguay si incontrarono con Manuel Contreras, capo della DINA, a Santiago del Cile e dettero vita ufficialmente alla Operación Condor.
La finalità della collaborazione era quella di reprimere ed eliminare tutte le forme di opposizione, politica, sociale e guerrigliera che lottavano contro le dittature. Vennero rapiti, torturati ed uccisi studenti, giornalisti, intellettuali, professori, sindacalisti, operai, madri e padri che cercavano i propri figli scomparsi. Il tutto fu sovvenzionato economicamente ed aiutato in termini di addestramento militare dalla CIA.
L'Operazione Colombo invece è stata pensata ed attuata dalla DINA nel 1975 e si prefiggeva come obbiettivo quello di eliminare i dissidenti politici che potevano nuocere al regime. Alcune inchieste aperte dopo la fine della dittatura di Pinochet hanno stimato che sono almeno 119 le vittime di questo piano.

sabato 3 ottobre 2009

Il ritorno di Zelaya

Il 22 settembre il legittimo presidente dell'Honduras, Manuel Zelaya, è rientrato nel proprio paese e precisamente si trova a Tegucigalpa nell'ambasciata brasiliana.
Diffusa la notizia del suo rientro molte persone si sono riversate nelle strade e si sono accalcate intorno all'ambasciata.
Il governo golpista come contromossa al rientro di Zelaya e del continuo afflusso dei suoi sostenitori all'ambasciata brasiliana ha deciso di instaurare il coprifuoco dalle 16, ora locale, alle 7.
Anche dopo la proclamazione del coprifuoco le persone hanno continuato a scendere in strada anche se controllate a vista dalla polizia e dall'esercito entrambi in tenuta anci sommossa ed armi in pugno. Un'ulteriore controllo viene effettuato da molti elicotteri dell'esercito che volano a bassissima quota

Un noto giornalista, che lavora a Radio Globo, ha dichiarato all'inviata di TeleSur che un gruppo di venti uomini dell'esercito ha fatto irruzione nella sua casa intimandogli di smettere di diffondere cosa stava accadendo nella capitale Tegucigalpa dopo il ritorno di Zelaya. Anche le società di telecomunicazione, che collaborano con le oligarchie golpiste, hanno iniziato a bloccare le linee telefoniche di loro proprietà per limitare il diffondersi delle notizie e le comunicazioni tra la popolazione.

Zelaya, dopo vari tentativi di rientrare in Honduras, è riuscito ad arrivare fino alla capitale ed a rifugiarsi, grazie al gesto diplomatico di Luiz Inacio Lula da Silva, nell'ambasciata brasiliana. Zelaya ringraziando il presidente brasiliano sta attendendo l'arrivo di Miguel Insulza, segretario generale degli Stati americani (Oea), che dovrebbe essere il diplomatico che contratterà con i golpisti il ritorno del presidente deposto.
Zelaya, parlando ai giornalisti dall'ambasciata dove è rifugiato, ha detto: "Ho percorso mezzo Honduras ... quasi 15 ore in differenti mezzi di trasporto. Ho avuto chi ha collaborato, ma non posso dire chi sia affinché nessuno venga molestato... alle Forze armate d'Honduras ... chiedo il buonsenso: la gente è disarmata e pacificamente sta gridando loro di consegnarsi, con allegria".