giovedì 28 agosto 2008

Ergastolo a "La Hiena"

"La Hiena" argentina, al secolo l'ex generale Luciano Benjamín Menéndez, è stato condannato il 24 luglio 2008 all'ergastolo dal tribunale di Córdoba per le ripetute violazioni dei diritti umani avvenute durante la dittatura militare argentina.
Durate gli anni della dittatura (1976-1983) Luciano Benjamín Menéndez comandava il III Corpo dell'esercito e dirigeva circa 60 centri di detenzione, veri e propri campi di concentramento, di cui "La Perla" era il più famoso. Fu arrestato alla fine del 2003, per una serie di sequestri, torture e omicidi grazie all'annullamento della Corte Suprema per incostituzionalità della "legge del perdono" che aveva promulgato il presidente Raúl Alfonsín (1983-1989).
Con l'abrogazione delle "leggi del perdono", conosciute anche come "Obbedienza Dovuta" e "Punto Finale", sono stati riaperti 950 processi contro altrettanti ex-militari e riavviate inchieste su casi di tortura, sequestri e omicidi avvenuti in 498 centri di detenzione clandestini del regime.
L'ex-generale Menéndez era il più alto in grado dei sette imputati, tutti ex ufficiali, che sono stati condannati per il sequestro, la tortura e l'uccisione di quattro militanti politici di sinistra.
"La Hiena" è stato condannato all'ergastolo che dovrà scontare in carcere e non agli arresti domiciliari, altri quattro ex-ufficiali hanno ricevuto la medesima sentenza, due la condanna a 22 anni di prigione ed uno è 18 anni di carcere.
Una nuova sentenza si aggiunge a quelle, seppur poche ancora, che già sono state emesse e continua nella linea tracciata contro l'impunità.

sabato 23 agosto 2008

Violenze razziste in Bolivia

In Bolivia e più precisamente a Sucre il 24 maggio 2008 nello stadio cittadino il presidente Evo Morales avrebbe dovuto consegnare con una breve cerimonia delle ambulanze alle municipalità della provincia di Sucre.
Per questo avvenimento alcune centinaia di indigeni boliviani erano giunti nella città per assistere alla consegna; ma la cerimonia non ha avuto luogo perché numerosi gruppi di giovani dell'opposizione hanno iniziato un fitto lancio di pietre, bombe carta, dinamite e gas lacrimogeno contro la polizia che, stranamente non ha risposto all'aggressione, ed ha abbandonato lo stadio.
Le centinaia di persone che erano arrivate a Sucre per assistere alla consegna delle ambulanze e sostenere il MAS (il partito del presidente Morales) sono state inseguite da bande incaricate dagli oppositori del governo Morale di impedire l'incontro con il Presidente. I sostenitori del MAS sono stati raggiunti e sono stati aggrediti, picchiati ed insultati.
Circa cinquanta indigeni del MAS, compreso il sindaco di Moiocoya, sono stati obbligati togliersi le magliette e le camice ed inginocchiarsi a torso nudo nella piazza principale della città, a bruciare le whipalas (le bandiere tradizionali degli indigeni) ed a gridare slogan contro il presidente Morales.
Tra le persone che circondavano gli indigeni e li umiliavano c'erano esponenti dell'opposizione di Sucre come Fidel Herrera (presidente del Comitato Interstituzionale John Cava), il sindaco di Sucre Aidé Nava, il rettore dell’Università San Francisco Xavier Jaime Barron ed i deputati Fernando Rodríguez e Gonzalo Porcel (Podemos).
I media nazionali ed internazionali non hanno dato risalto alle violenze subite dagli indigeni boliviani ed infine la violenza continua con la condotta della magistratura che, legata ai partiti dell'opposizione del Governo, ancora non si è mossa. Video che testimonia le violenze

mercoledì 20 agosto 2008

Il Perù in sciopero

Il sindacato peruviano CGTP (Confederacion General de Trabajadores de Perù) ha portato per due giorni nelle strade delle più importanti città del paese andino molte persone per protestare contro le politiche economiche e del diritto del lavoro del governo di Alan Garcia e, non per ultimo, il costo dei generi di prima necessità.
L'ultimo anno la crescita economica del Perù si è attestata al 9% ma la ricchezza creata da questa importante crescita non è riuscita a far diminuire la percentuale degli indigenti (circa il 40% della popolazione) che cerca di sopravvivere in Perù.

Il governo replica alla sciopero ed alle varie manifestazioni esibendo i dati della crescita economica e della una riduzione della popolazione sotto la soglia di povertà di circa il 6% e concludendo che il governo si preoccupa delle condizione della popolazione. La risposta del CGTP è stata esposta dal segretario generale Mario Huaman che ha affermato che "la crescita economica che sta avvenendo nel paese deve essere a favore di tutti i cittadini. Questo è il governo dei ricchi e delle multinazionali. Nessuno se n’è accorto che i gli indigenti sono diminuiti!". Huaman continua affermando che "la maggior parte dei prodotti alimentari basici è raddoppiata di prezzo da quando è in carica questo governo". Il sindacato contesta il governo anche sulle numerose privatizzazioni di terre che sono sottratte alle comunità con espropri attuati dalla polizia.

Le manifestazioni svolte in tutto il paese hanno portato con loro anche dei disagi come il blocco di alcune strade da parte dei numerosissimi manifestanti (che secondo il governo sarebbero stati appena il 2% dei lavoratori contro il 70% dichiarato dai sindacati). Il governo ha accolto i manifestanti dichiarando illegali gli scioperi e le manifestazioni, e schierando gli onnipresenti media di regime che hanno sistematicamente criminalizzato la protesta. L'intervento dell'esercito e della polizia (cifre ufficiali parlano di circa 90.000 uomini in assetto antisommossa) durante la manifestazione, ha portato a scontri con la popolazione mobilitata, producendo l'arresto di oltre 200 persone (che rischiano secondo la legge peruviana fino ad otto anni di carcere) e numerosi feriti.
In questo modo il governo di Alan Garcia si occupa dei peruviani.

giovedì 14 agosto 2008

Chi ha liberato Ingrid Betancourt

I giorni dopo la liberazione dei quindici ostaggi detenuti dalle FARC in Colombia avvenuta il due luglio 2008, abbiamo visto molte immagini, sentito molte parole e letto molti articoli che davano molto spazio all'operazione militare ed ai ringraziamenti che tutti gli ex-ostaggi porgevano al Capo di Stato colombiano Uribe ed a coloro che hanno comandato l'operazione.
Anche Ingrid Betancourt , ex-ostaggio simbolo in mano delle FARC, da sempre ipercritica nei confronti di Uribe ed il suo entourage di fedelissimi collaboratori e militari, che accusò di essere un'oligarchia corrotta, ha tessuto le lodi del presidente e del generale dell'esercito che ha diretto l'operazione per la sua liberazione.
Betancourt ha elogiato il presidente ed il Generale Montoya ma nei giorni successivi alla sua liberazione non ha esternato nessun dubbio sulla lentezza delle trattative, sulla lentezza nella pianificazione dell'operazione di salvataggio end infine non ha esternato nessun dubbio o perplessità sulle numerose indagini che hanno investito Uribe ed i suoi più stretti collaboratori.

Mi sono già soffermato su Uribe numerose volte in questi mesi ma adesso merita attenzione l'artefice dell'operazione che ha liberato i 15 ostaggi dalle FARC,il generale Montoya.
Montoya nasce nella regione del Cauca nel 1949 e nella sua lunga carriera militare ha ricevuto molte decorazioni anche dall'esercito statunitense. Ha frequentato la Scuola superiore di guerra negli USA ed in Inghilterra.
Nella sua carriera militare ci sono però delle pesanti ombre che sono state svelate da una ONG USA che è riuscita a leggere una comunicazione interna dell'ambasciata statunitense a Bogotà datata 1979 in cui è stato scritto che "un battaglione di intelligence del esercito colombiano capeggiato da Montoya creò in gran segreto un’unità clandestina terrorista fra il 1978 e il 1979 chiamata Alleanza anticomunista americana (Aaa) resasi responsabile di molti attacchi dinamitardi, sequestri e assassinii di uomini di sinistra".
Il due maggio 2002 nella provincia di Bojayà ci fu la strage di 119 civili uccisi dentro la chiesa di Bellavista. I paracos penetrarono a metà aprile nel territorio dove operavano le FARC e non furono fermati dalla Brigata dell'esercito guidato da Montoya anche se ricevette l'ordine di farlo; il primo maggio iniziarono gli scontri tra FARC e paracos fino ad arrivare all'uccisione delle 119 persone avvenuta a causa di una bomba lanciata dalle FARC che cadde dentro la chiesa.
Montoya fu indagato per non aver eseguito l'ordine di Bogotà; fu processato e giudicato colpevole ma le porte del carcere non si aprirono e la sua carriera militare non ne risentì.
Alcuni mesi dopo Montoya fu il responsabile dell'uccisione di 14 persone in uno dei quartieri più poveri. Montoya ed i paramilitari del Bloque Cacique Nutibara scatenarono la ormai famosa Operazione Orione che mirava a scardinare le infiltrazioni della guerriglia nel quartiere di Comuna 13, fecero irruzione con le armi spianate alle ricerca dei guerriglieri ed alla fine dell'incursione si contarono quatttordici vittime.

Oggi per i media occidentali Montoya ed Uribe sono eroi ma siamo davvero sicuri della loro alta levatura morale e delle loro buone azioni? Dal loro passato non ne sarei così sicuro però ai media questo stranamente non interessa.

sabato 9 agosto 2008

Attesa per il referendum boliviano

In Bolivia si attende il referendum revocatorio, convocato dal presidente Evo Morales, del 10 agosto.
La legge 3850 che consente al Presidente della Repubblica Boliviana di convocare il referendum revocatorio dei mandati di Presidente e Vicepresidente della Repubblica e dei presidenti di otto regioni della Bolivia è stata approvata dal Parlamento e Senato boliviano a metà maggio 2008 ed approvata dalla Corte costituzionale.

Oggi in Bolivia la popolazione attende il giorno del referendum mentre i presidenti delle regioni (Pando, Beni, Tarija, Santa Cruz, Chuquisaca e La Paz) che si oppongono al Governo Morales e che hanno dato vita al movimento autonomista non hanno mai smesso di urlare che "il referendum convocato su iniziativa dell’esecutivo è incostituzionale" ma hanno regolarmente svolto la propria campagna per la conferma del proprio mandato; al contrario il prefetto, anch'egli anti-Morales, Manfred Reyes Villa è l’unico che non si sottoporrà al referendum revocatorio.
La strategia dei governatori che si oppongono al governo centrale è quella di elevarsi agli occhi del popolo come i paladini della giustizia e della legalità.
Così hanno richiesto che la Corte costituzionale esaminasse il caso e dichiarasse non valida la consultazione perché incostituzionale.
Il giudice della Corte costituzionale, Salame, nel mese di luglio ha sospeso la consultazione ma la sospensione non è stata attuata perché l'organo stesso deve essere composto da 5 membri. A oggi in carica vi è solo Salame perché i quattro giudici mancanti devono essere ancora eletti dal parlamento.

Dalla convocazione della consultazione, Manfred Reyes Villa sembra l'oppositore più forte ed irriducibile e continua ad affermare che "il referendum porterà solo a maggiore instabilità per il paese e maggiore scontro fra sostenitori dell’opposizione e sostenitori del governo".
La politica di Reyes Villa è sostenuta dal Comitato Civico di Cochabamba, formato dai maggiori imprenditori della regione e dalle organizzazioni violente di estrema destra come Giovani per la democrazia, Gioventù Kochala e Rete Fiducia.
Manfred Reyes Villa è il governatore della regione di Cochabamba ed ha un curriculum molto importante. Ha frequentato la Scuola delle Americhe (è la famigerata accademia militare dove sono stati addestrati la quasi totalità dei dittatori sudamericani degli anni ’70-’80). Nel 1981 è stato uno stretto collaboratore del dittatore Luis Garcia Meza. Manfred Reyes Villa è stato anche uno dei fautori della scellerata privatizzazione dell’acqua nel 2000 a favore del consorzio Aguas de Tunari. La privatizzazione portò ad una rivolta popolare chiamata la "Guerra dell’Acqua" poi sfociata in scontri con la polizia che lasciò sul campo sei morti e 165 feriti.

Secondo gli ultimi sondaggi effettuati a pochi giorni dal referendum, Evo Morales avrebbe una percentuale di voti favorevoli alla conferma del proprio mandato maggiore del 53,7%, con cui ha vinto le elezioni nel dicembre del 2005, mentre sembra che i governatori che si oppongono al governo Morales non riusciranno a terminare il loro mandato.

giovedì 7 agosto 2008

La crisi di Uribe libera Ingrid Betancourt

Il tre luglio 2008, dopo sei anni di prigionia, Ingrid Betancourt è libera.
La liberazione è avvenuta secondo le informazioni fornite dall'esercito colombiano grazie ad una, secondo la versione dell'esercito, ben congegnata operazione di intelligence che ha ingannato i carcerieri delle FARC facendosi consegnare la Betancourt ed altri quattordici ostaggi (tre statunitensi e undici poliziotti).
Grazie ad alcuni infiltrati nelle FARC, l’esercito colombiano ha fatto credere ai carcerieri che il nuovo capo della guerriglia, Alfonso Cano, volesse trasferire gli ostaggi in un nuovo campo per cui avesse mandato degli elicotteri a prelevare i quindici ostaggi.

Accanto al racconto ufficiale del governo Uribe si fa strada una nuova versione secondo la quale sarebbero stati pagati 20 milioni di dollari al gruppo di guerriglieri che custodivano gli ostaggi. Questa nuova versione nasce dalle indiscrezioni raccolte da una radio svizzera che afferma siano state fatte da persone molto attendibili. Per alimentare i dubbi sulla versione ufficiale si possono prendere in considerazione i filmati girati durante l'operazione che non mostrano niente se non i volti degli ostaggi al contrario di tutte le accurate riprese che l'esercito colombiano effettua durante le operazioni militari contro le FARC. L'unica cosa su cui concordano le due versioni è che non è stato sparato neanche un colpo.

Prendendo per veritiera il racconto di Uribe, anche se ci sono lati ancora non spiegati e comprensibili, rimane impossibile da credere che le FARC siano così mal messe o allo sbando. Sicuramente ora sono più deboli e la successione di Alfonso Cano allo storico capo Manuel Marulanda non né indolore né semplice.
Oggi le FARC sono sicuramente più deboli come testimonia Ingrid Betancourt che ha parlato di una scarsità di cibo ed altri materiali che non erano mai mancati agli accampamenti confermando così le notizie frammentarie sulla difficoltà dell'organizzazione logistica dell'esercito guerrigliero.
Un particolare che è stato poco sottolineato è stata l'ammissione che l'intelligence statunitense abbia aiutato l'esercito colombiano e soprattutto che il candidato alla Casa Bianca John McCain in quei giorni si trovava stranamente a Bogotà. Voci affermano che McCain abbia aiutato a coordinare l'operazione ed abbia rassicurato Uribe che in caso di una sua elezione a presidente degli USA non farà mancare il suo appoggio.

Uribe negli ultimi mesi è stato il centro di ogni scandalo politico giudiziario che ha attraversato la Colombia: l'inchiesta sulla parapolitica (Indagato Alvaro Uribe per rapporti con i paramilitari e Paramilitari nella politica colombiana) che ha portato in carcere o incriminato 70 parlamentari della maggioranza, oppure i grandi narcotrafficanti colombiani (Estradati dalla Colombia i capi paracos) come Carmine Mancuso che sono stati estradati dopo molti anni negli Stati Uniti per allontanare loro ed i legami ancora segreti che hanno con la politica. A questi si aggiunge il processo aperto dalla Corte Suprema colombiana nei confronti di Uribe che avrebbe corrotto dei parlamentari e dei senatori per far modificare la Costituzione che non ne permetteva la sua rielezione; l'eventuale condanna di colpevolezza potrebbe portare all’annullamento della sua elezione nella tornata elettorale datata 2006.
Con queste premesse Uribe ha dovuto cercare un palco dove potesse essere il protagonista positivo, e non il fulcro di tutti gli scandali politici: per questo ha cercato e ottenuto la liberazione della Betancourt che fino ad oggi non aveva mai desiderato e tentato.

L'operazione gli è riuscita almeno in Occidente: se si leggono i giornali che non fanno altro che parlare di un Uribe così forte che non può altro che essere rieletto.
Ma, a parte la propaganda occidentale a favore dell'attuale Presidente colombiano, sfugge a tutti un piccolo particolare: la Costituzione colombiana non gli permette di essere rieletto. Chissà se riuscirà a comprare altri parlamentari e modificare la Costituzione colombiana, per provare per la terza volta la scalata alla presidenza?

sabato 2 agosto 2008

Ergastolo al capo della DINA

Manuel Contreras è stato condannato ad un ergastolo più venti anni di prigione per essere stato il mandante dell'omicidio del generale Prats e di sua moglie, avvenuto il 30 settembre 1974 a Buenos Aires; ai tempi Contreras era il capo della Dina, la polizia politica cilena della dittatura Pinochet.
Il generale Prats e sua moglie furono uccisi nella notte 30 settembre 1974 mentre stavano tornando nella loro casa di Buenos Aires, dove trascorrevano il loro esilio, da una potente autobomba radiocomandata.

Prats fu nominato comandante in capo dell'esercito da Allende nel 1970 perché il suo predecessore subì un attentato; era un costituzionalista e sosteneva che le forze armate dovessero essere rigorosamente apolitiche e che il loro ruolo fosse quello di difendere la carta costituzionale ed il lavoro parlamentare.Le indagini scoprirono che l'omicidio era stato pianificato ed attuato da agenti della polizia segreta cilena (DINA), guidati da Michael Townley attuatore del famigerato Plan Condor che successivamente pianificò l'omicidio nel 1976 di Orlando Letelier, ex-ministro degli Esteri, dell'Interno e della Difesa del governo Allende.

Dopo le indagini si sono svolti due processi: uno in Argentina e l'altro in Cile.
Nel 2004 in Argentina fu condannato Enrique Arancibia Clavel, ex-agente della DINA, come uno dei due esecutori materiali dell'attentato.
In Cile, nel gennaio 2005, le accuse a Pinochet furono archiviate perché l'ex-dittatore beneficiava ancora dell'immunità; ma Pinochet non era l'unico mandante, infatti erano coinvolti Manuel Contreras, il generale Raul Iturriaga Neuman, suo fratello Roger Iturriaga e gli ex-brigadieri Pedro Espinoza Bravo e José Zara per cui il processo per loro continuò.
Finalmente il primo luglio 20008, a più di 34 anni da quell'attentato, il processo si è concluso ed ha aggiunto un nuovo ergastolo e venti anni di reclusione agli altri duecentosessantanove anni di carcere che Contreras ha collezionato per i sedici processi, già andati a sentenza, per omicidio. Oltre a Contreras sono stati condannati anche altri suoi collaboratori ed agenti della polizia politica.