martedì 29 luglio 2008

Nuovi particolari sulla Parapolitica colombiana

In Colombia imperversa lo scandalo per le indagini della magistratura, che hanno portato alla luce del sole i legami tra la politica ed i paramilitari; per adesso sono 70, tra parlamentari e senatori, inquisiti di cui 40 già agli arresti.
Durante le indagini è stato inquisito anche il cugino del presidente Uribe, Mario Uribe, che lo accompagna dall'inizio della sua carriera politica; Mario Uribe è accusato di aver comprato i voti, creato, appoggiato e finanziato i gruppi paramilitari più violenti.

Nel mezzo di questa tempesta giudiziaria che ha investito la politica colombiana, un gruppo di parlamentari aveva proposto una legge che punisse i partiti politici che sono stati infiltrati dai gruppi paramilitari.
La legge proponeva di non rimpiazzare i seggi che i parlamentari inquisiti avrebbero lasciato vuoti invece di rimpiazzarli con membri del medesimo partito.
Stranamente la legge è stata bocciata dal parlamento, cioè dall'attuale maggioranza che se l'avesse approvata presto sarebbe diventata la minoranza.
In questa situazione diventa palese che i partiti che appoggiano Uribe siano supportati, con voti e denaro, dai gruppi paramilitari.

Le indagini sulla Parapolitica hanno portato alla luce delle manovre per screditare i giudici che cercano di ricostruire i fatti; l’ex paramilitare "Tasmania" ha confessato che per delegittimare le indagini ha inventato delle accuse al giudice capo dell'inchiesta sulla Parapolitica in cambio di un trattamento di riguardo in sede di giudizio; la proposta, sempre secondo "Tasmania", sarebbe stata fatta da Mario e Santiago Uribe, cugino e fratello del presidente colombiano, anch'essi parlamentari del partito che lo sostiene.
Ogni giorno che passa vengono scoperti e comprovati nuovi particolari che arricchiscono il triste puzzle dell'inchiesta e che lasciano pochi dubbi su quanto il partito di Alvaro Uribe sia legato o forse fuso con i gruppi paramilitari.

sabato 26 luglio 2008

In Argentina dopo cento giorni

Sono passati più di cento giorni da quando in Argentina gli imprenditori agricoli hanno dichiarato guerra alle imposte sull’esportazione della soia e di altri generi alimentari, che il governo di Cristina Fernández de Kirchner ha varato per cercare di redistribuire parte della ricchezza generata dall'aumento dei prezzi dell'ultimo periodo (Sciopero Agropecuario in Argentina).
In questi cento giorni di scioperi sono stati attuati blocchi stradali indiscriminati, comportamenti criminali come lo spreco di migliaia di litri di latte versati nelle strade in un paese dove ancora molti bambini soffrono e muoiono di fame. Il Governo non ha usato il pugno duro verso questa protesta orchestrata dai grandi latifondisti ma anzi ha concesso un abbassamento delle tasse, prima aumentate, nell'esportazione della carne e del frumento. Oltre a queste concessioni il governo ha creato l'Istituto per la Ridistribuzione, per ripartire le imposte straordinarie in progetti specifici come la costruzione di 30 ospedali ipertecnologici nelle province, 60 centri per la salute, la costruzione di case popolari e la costruzione di strade provinciali su proposta di sindaci e governatori.
Le proposte del Governo argentino e della politica, sempre mirate a trovare un accordo con gli scioperanti, hanno fatto sì che i ricchi agricoltori abbiano dovuto accettare le proposte di Cristina Fernández de Kirchner.
Ora che questo scontro si sta chiudendo, almeno così sembra, ci si aspetta una tregua armata tra capitalismo finanziario e rurale da una parte ed il Governo dall'altra al fine della preparazione di nuove proteste capeggiate dai ricchi argentini vessati.

domenica 20 luglio 2008

Autonomie in Sud America

In Latino America l'integrazione tra Stati ha subito un'accelerazione da quando molti Paesi hanno deciso di eleggere capi di stato appartenenti alla sinistra.
A causa di questa virata del continente a sinistra negli ultimi tempi si è notato un ritorno alle battaglie politiche per l'autonomia di alcune regioni strategiche da sempre controllate dall'oligarchia neoliberista che è stata spogliata del potere e dell'enorme influenza che da sempre aveva.
Per cercare di recuperare potere e benefici che possedevano nel passato questi oligarchi hanno creato e preso il controllo dei movimenti secessionisti nelle regioni di Zulia (Venezuela), Santa Cruz (Bolivia) e Guayaquil (Ecuador).
Queste tre regioni, roccaforti storiche dei partiti di destra oggi neoliberisti sono ricchissimi di materie, prime come il petrolio o il gas naturale, ed ognuna di queste tre regioni sviluppa il maggior prodotto interno lordo dei propri paesi.

Chávez (presidente del Venezuela) in un discorso pubblico del primo maggio scorso ha affermato che "l'idea separatista nata nella regione di Zulia si sta espandendo e contagiando le regioni vicine di Táchira e Mérida. Tutto ciò è un male per il Venezuela e per gli enormi sforzi e progressi degli ultimi anni." Chávez è preoccupato che la spinta separatista si acceleri nel caso in cui l'opposizione vinca le elezioni regionali che si terranno a novembre del 2008, e per scongiurare questa eventualità ha affermato che "la sua coalizione deve vincere in tutte le regioni e municipi".
In Venezuela sembra che si stiano ripercorrendo le tappe che hanno portato la regione boliviana di Santa Cruz a votare il 4 di maggio del 2008 un referendum illegale che ha avuto il consenso del 83% dei votanti ma che ha avuto un percentuale altissima di astensionismo (circa il 45%).

Il presidente ecuadoriano Rafel Correa in più occasioni ha ricordato che già nel 2006 si era formato a Guayaquil la Confederación Internacional por la Libertad y la Autonomía Regional (Confilar) i cui maggiori sostenitori sono appunto le tre regioni che adesso cercano l'autonomia.
Correa crede che le oligarchie neoliberiste, non solo nella regione ecuadoriana di Guayaquil ma anche nelle altre regioni autonomiste del Latino America, non riuscendo a vincere le elezioni politiche, da alcuni anni cerchino di destabilizzare i governi legittimi e creare con la confusione generata dalle loro proteste stati indipendenti, in cui continuare a perseguire il neo liberismo e politiche imperialiste.

In questo momento particolare per le politiche neoliberiste sud americane che stanno perdendo il loro seguito risulta alquanto curioso che tre delle regioni più ricche di tre distinti Stati ricerchino contemporaneamente la via dell'autonomia: perché non hanno ricercato questa tanto agognata autonomia quando vi erano governi di destra e liberisti?

mercoledì 16 luglio 2008

Paramilitari condannati in Guatemala

All'inizio di giugno 2008 il tribunale della città di Salamá ha emesso condanne esemplari per 5 ex paramilitari che nel 1982 parteciparono al massacro di 177 indigeni a Rio Negro.
Il massacro di Rio Negro fu uno degli innumerevoli atti di terrore che iniziarono nel 1960 quando la CIA rovesciò il governo legittimo ed instaurò un regime militare guidato da Carlos Castillo Armas che ha avuto termine nel 1990. La Commissione della verità, voluta dal governo guatemalteco e supportata dall'ONU, ha scoperto circa 700 casi di violazione dei diritti civili (torture, esecuzioni sommarie ecc.) con circa 180000 morti che sono da attribuire all'esercito o a gruppi di paramilitari vicini alla dittatura.
L'episodio di Rio Negro è stato attribuito alle Pattuglie di Autodifesa e all'Esercito ed è da ricondurre alle proteste che la popolazione stava attuando contro la costruzione di una centrale idroelettrica che avrebbe modificato la morfologia del territorio e la loro esistenza con la deviazione dei corsi d'acqua.
I morti furono 177: settanta donne e centosette bambini!

I cinque ex paramilitari (Macario Alvarado Toj, Pablo Ruiz Alvarado, Francisco Alvarado Lajú, Tomás Dino Alvarado e Lucas Lajú Alvarado) sono stati condannati a 780 anni cadauno per l'omicidio di 26 persone delle 177 totali, oltre ad un risarcimento di 13500 dollari che ogni condannato deve versare agli eredi delle 26 vittime.
La sentenza è senza dubbio storica perchè riconosce le responsabilità che il regime di Carlos Castillo Armas ha avuto nei trenta anni di dittatura in cui le scorribande dell'esercito e dei paramilitari hanno devastato il Guatemala; nei prossimi mesi sono attese altre sentenze, speriamo esemplari, contro militari ed paramilitari che si sono macchiati di atroci e vili delitti contro le popolazioni indigene.

lunedì 14 luglio 2008

Telecom Italia fa causa alla Bolivia

Il governo Morales nel maggio del 2008 ha annunciato che l'azienda boliviana Entel (ente nazionale boliviano di telecomunicazioni) ritornerà ad essere controllata completamente dallo stato. L'Entel fu privatizzata negli anni '90 dall'allora presidente Sanchez de Lozada che inaugurò un periodo di svendite delle aziende dello Stato a prezzi irrisori.
Il 50% dell'ente nazionale boliviano di telecomunicazioni fu acquistato da Telecom Italia ad un prezzo relativamente basso; in questi anni sotto il controllo della compagnia italiana gli investimenti nelle infrastrutture e nei servizi sono diminuiti sempre più, anche grazie al regime di monopolio in cui opera.

Il governo boliviano per riacquisire il controllo del pacchetto azionario detenuto da Telecom ha fissato il prezzo a 100 milioni di dollari che è praticamente la cifra che la società italiana deve all'erario di La Paz per le tasse arretrate non versate e per le varie evasioni di imposte.
A Telecom questa manovra e la relativa cifra del governo Morales non sono piaciute e si è rivolta al CIADI (Il Centro Internazionale di Risoluzione delle Dispute sugli Investimenti, interno alla Banca Mondiale e molto poco imparziale) per cercare di spuntare un risarcimento più ricco.
Il CIADI è uno strumento usato dalle multinazionali per sottomettere gli Stati che cercano di attuare riforme a favore degli interessi nazionali rispetto a quelli privati. Esempi di palese parzialità del CIADI si ritrovano nelle dispute tra Guatemala, che provò a proteggere le terre indigene, ed una compagnia mineraria nord americana, oppure quando la Bolivia per garantire l'acqua potabile ai suoi cittadini si scontrò contro la Bechtel.
In questa vicenda c'è un particolare da tenere in considerazione: la Bolivia, insieme ad altri paesi, si è ritirata dall'organo internazionale per la mancanza di neutralità che regna nell'operato del CIADI, quindi non riconosce, giustamente, a questo tribunale nessuna giurisdizione.

Telecom ha chiesto che la Bolivia versi nelle proprie casse una cifra non inferiore a 500 milioni di dollari a titolo di compensazione, ed ha anche richiesto al CIADI di bloccare alcuni conti della compagnia telefonica boliviana, per avere un'ulteriore garanzia nel caso vinca la causa.
Il governo di La Paz ha annunciato che si opporrà con tutte le forze a questa inusuale decisione, e inoltre cercherà di far abolire il CIADI, che secondo molti movimenti popolari e ONG è solo uno strumento di controllo e garanzia che le multinazionali hanno verso i paesi più poveri.
La decisione di bloccare i conti dell'Entel è una chiara violazione della sovranità nazionale della Bolivia, perché il tribunale della Banca Mondiale si è arrogato il diritto di intromettersi in una controversia tra uno Stato ed una compagnia privata; chissà come reagirebbe un governo europeo o il governo statunitense se si trovasse al posto della Bolivia?

giovedì 10 luglio 2008

Le due facce del governo cileno

In questi giorni il Cile sta vivendo momenti di tensione per le proteste dei camionisti da un lato, di professori e studenti dall'altro, davanti ai quali il governo di Michelle Bachelet sta tenendo due atteggiamenti diversi: da una parte tollera lo sciopero dei camionisti che protestano per le alte imposte sui carburanti, mentre dall'altra manda le Fuerzas Especiales de Carabineros a reprimere con lacrimogeni e manganelli gli studenti che protestano contro la nuova riforma scolastica.

La protesta dei camionisti sta bloccando le principali arterie stradali del paese con blocchi scriteriati e con camion che si spostano a passo d'uomo. I sindacati dei camionisti pretendono che il governo elimini alcune delle accise che gravano sul costo del carburante; il governo da parte sua ha annunciato che istituirà un fondo di mille milioni di dollari per stabilizzare il prezzo del carburante nel breve periodo. Ma ai camionisti non basta, loro vogliono non pagare più le imposte statali sui combustibili che, secondo loro, sono le responsabili del forte innalzamento del prezzo del carburante; per questo motivo i sindacati dei camionisti hanno deciso di proseguire lo sciopero ad oltranza.
Gli insegnanti hanno scioperato e manifestato insieme agli studenti nel centro della capitale, per protestare contro la riforma scolastica che mantiene "il fine di lucro" nella pubblica istruzione.

Il governo ha approvato da poco la modifica alla Ley Orgánica Constitucional de Educación (LOCE), che fu l'ultima legge creata dalla dittatura di Pinochet nel 1990 in cui introdusse come condizione basilare nella pubblica istruzione "il fine di lucro"; le modifiche previste dal governo Bachelet non eliminano questo fondamento. Chi protesta vuole che l'istruzione abbia come unici fini la qualità e la gratuità; questi due punti furono uno dei cavalli di battaglia che la signora Bachelet cavalcò durante la sua campagna elettorale.
Le due forme di protesta sono state ascoltate in modo diverso: la prima, quella dei camionisti, con un tavolo di trattative e di proposte mentre la seconda, quella degli insegnanti e studenti, con l'invio dei Carabineros e della repressione.

Una differenza che noto tra i professori ed i camionisti è quella che storicamente gli scioperi degli auto trasportatori sono sempre stati foraggiati ed incitati dagli USA fino dai tempi del golpe di Pinochet nel 1973 quando proprio un loro sciopero contribuì a destabilizzare il governo di Allende.
Non è che la signora Bachelet creda nella ciclicità della storia? Non credo che in questo caso la storia si ripeterà, la signora Bachelet può dormire sonni tranquilli, perché Allende non avrebbe mai mandato i Carabineros a reprimere una manifestazione pacifica di professori e studenti.

sabato 5 luglio 2008

Estradati dalla Colombia i capi paracos

Il 13 maggio 2008 sono stati estradati dalla Colombia negli USA 14 potentissimi capi delle organizzazioni paramilitari colombiane prevalentemente delle AUC(Autodifesa unita della Colombia); spiccano i nomi di Mancuso, Jorge Quaranta, Gordolindo, Don Berna, Cuco Vanoy e Hernan Giraldo.
Il più importante sicuramente è Salvatore Mancuso capo delle AUC (Autodefensas Unidas de Colombia) nato in Colombia ma da genitori di origine calabrese; in tutti gli anni in cui ha diretto le AUC ha gestito narcotraffico e altre attività criminali, nelle quali spicca l’acquisto di terreni agricoli, circa 6 milioni di ettari, a prezzi irrisori grazie al terrore che i paramilitari diffondevano tra i piccoli proprietari locali.

Il governo di Uribe con un comunicato molto sorprendente ne ha ordinato l'estradizione per narcotraffico internazionale.
Uribe con questa mossa a sorprendente ha mutato gli equilibri interni che sembravano immodificabili tra politica e paracos (paramilitari dediti al narcotraffico); al tempo dell'arresto dei capi paramilitari il governo si accordò con loro e gli propose di confessare tutte le loro colpe e accettare di consegnare i loro beni allo Stato, che poi li avrebbe usati per risarcire le vittime; in questo modo si sarebbero assicurati pene più lievi e senza estradizione.
Oggi, evidentemente, qualche accordo è stato violato dato che la versione ufficiale del ministero degli Interni colombiano afferma che alcuni di loro hanno continuato a dirigere i propri traffici ed uomini oltre a non aver consegnato i loro beni allo Stato.
Ma la vera motivazione è da ricercarsi altrove, l'estradizione dei paracos arriva nel momento in cui Uribe è nel pieno scandalo sulla collusione fra politica e paramilitarismo che lo sta vedendo protagonista. Le accuse ad Uribe sono in gran parte basate sulle testimonianze dei dirigenti paramilitari che oggi sono nelle carceri USA. Con questa trovata Uribe ha allontanato i testimoni più scomodi ed ha reso molto più lungo e difficile il lavoro dei magistrati che stanno portando avanti le indagini sui legami tra lui ed i paracos. Chissà se i giudici colombiani avranno il permesso dal governo statunitense per fare visita ai detenuti ed interrogarli sui molti punti che ancora non sono stati chiariti come i particolari legami tra Uribe ed i sui collaboratori più stretti ed i paramilitari nella regione di Antioquia in cui Uribe ha costruito la carriera politica dagli inizi; oppure come gli intricati ed ancora incompresi rapporti fra le multinazionali delle banane, le Auc ed i politici che fanno capo sempre al presidente colombiano.
Adesso auspichiamo che con l'estradizione dei capi paracos la ricerca della verità sia stata agevolata e non intralciata come invece si nota da una riflessione più approfondita e dalla mossa di Uribe e del suo seguito.

mercoledì 2 luglio 2008

Il dopo Tirofijo

Con la morte, il 26 marzo del 2008, del leader storico delle FARC Manuel Marulanda Veléz conosciuto come Tirofijo, si apre una fase molto importante nella successione al comando dell'esercito rivoluzionario.

Alfonso Cano nominato immediatamente come successore di Tirofijo premia la linea della continuità nella politica delle FARC. Cano è un antropologo che ha avuto il proprio addestramento militare e la sua formazione politica in URSS ed è stato l'uomo designato in passato da Marulanda per intavolare tutte le trattative dei vari processi di pace condotti in Messico e Venezuela; anche se questi negoziati fallirono, Cano è considerato l'uomo migliore per portare avanti le trattative.

In questi primi mesi del 2008 le FARC hanno subito una pesante offensiva da parte dell'esecutivo colombiano ed hanno perduto 3 membri della segreteria direttiva; anche se oggi le FARC non sono più in grado sferrare offensive militari perché indebolite, con i circa 13000 uomini che ne fanno parte possono resistere per molti anni nella foresta.

In Colombia si spera che le FARC siano spaccate al loro interno tra due fazioni: quella oltranzista che cerca solo il confronto militare e quella che desidererebbe la smilitarizzazione in seguito ad un accordo di pace. Inoltre c'è una moderata speranza nel fatto che Cano possa decidere di intavolare dei veri e propri negoziati di pace, ed è per questo che il ministro degli Interni colombiano, Carlos Holguín Sardi, ha aperto la porta ad ogni iniziativa che possa portare ad un dialogo che persegua la pace.

Sfortunatamente molti analisti e giornalisti si sono già dimenticati che negli anni '80 le FARC provarono a uscire dalla sola lotta armata e fondarono un partito legale al 100% che si chiamava Unión Patriótica. Il partito fu eliminato fisicamente dai paramilitari da sempre legati alla cupola che governa da anni il paese: si parla di circa 350 dirigenti dell'Unión Patriótica e 5000 militanti che furono uccisi senza pietà ed in pochissimi anni.

Secondo le indiscrezioni sulle ultime indicazioni di Marulanda prima della sua morte, le FARC dovrebbero cercare di dimostrare la massima disponibilità nella liberazione dei circa 700 ostaggi che ancora oggi hanno con loro. Ma forse, a non perseguire la fine della guerra non sono solo le FARC ma anche il governo di Uribe; la dimostrazione la abbiamo avuta quando a pochi giorni dalla liberazione di 4 ostaggi il governo colombiano ha ordinato l'operazione militare per uccidere il numero due Raul Reyes.

Con le poche e frammentarie informazioni che sono giunte a noi adesso possiamo solo attendere che le decisioni delle FARC e del governo Uribe si tramutino in fatti per poterle raccontare ed esaminare nel miglior modo possibile.