mercoledì 23 gennaio 2008

Il Venezuela tra petrolio ed armamenti

Il presidente Venezuelano alla vigilia del summit Russo-Venezuelano alla domanda "saranno acquistati sottomarini russi?" ha risposto con un “perché no? Il Venezuela ha mezzo milione di chilometri quadrati di superficie acquatica. Un mare gigantesco”. “Non abbiamo preso decisioni, però che cosa ci sarebbe di strano se ci dotassimo dei mezzi?”. "Se venissero acquistati certamente disporrebbero di armamento a bordo".
Le Forze Aeree del Venezuela ha già in dotazione 24 caccia SU-30 acquistati dalla Russia che servono a pattugliare lo spazio aereo dela patria di Bolivar.

Con l'acquisto degli aerei e l'idea di acquistare 5/7 sommergibili diesel armati con missili tattici ha suscitano l’irritazione degli USA, non perchè gli Stati Uniti si sentono minacciati ma perché con queste forze si mette in difficoltà il libero accesso di ospiti indesiderati al territorio Venezuelano e soprattutto ai giacimenti petroliferi!
Il Venezuela è tra i paesi con le riserve accertate di petrolio più ampie valutate in 77,7 mila milioni di barili occupando il sesto posto nel mondo della classifica dei proprietari delle maggiori risorse petrolifere ,certificato dalla “Lukoil”, ed estrae circa 1,5 milioni di barili al giorno.

Il settore petrolifero fù nazionalizzato nel 1999 prima dell’elezione di Hugo Chavez. Il 27 febbraio di quest'anno il Presidente Venezuelano ha firmato un Decreto che pone sotto il controllo della Corporacion Venezolana de Petrolio S.A. (PDVSA) tutti i giacimenti petroliferi, non significa che le compagnie estrattrici straniere (“Exxon Mobil”, “Chevron” e “Conoco-Phillips”, nordamericane; “British Petroleum”, la francese “Total” e la norvegese “Statoil” che hanno lavorato nella Faglia petrolifera dell’Orinoco) interrompono la loro attività ma sicuramente vengono limitati i loro poteri ed i loro guadagni. Chavez ha invitato loro a creare imprese miste assieme alla PDVSA con il pacchetto di controllo azionario in mano a quest'ultima.

Il Governo Venezuelano ha affermato che il settore petrolifero ha un'importanza fondamentale nell'economia e nella società del Paese ed è per questo motivo che non può più essere gestito da imprese private e soprattutto estere. Il denaro proveniente dal petrolio, i famosi petrodollari, non servono come qualcuno può pensare (Il governo USA che ha iniziato una campagna di Disinformazione a riguardo) per riarmare l’Esercito, ma soprattutto per investire nelle riforme sociali, nell’agricoltura, nella Sanità Pubblica e nell’Educazione Pubblica.
Per quanto riguarda la Sanità e l'Educazione Pubblica esiste un programma di scambio di medici, infermieri e docenti provenienti da Cuba in cambio di una fornitura di petrolio e della modernizzazione della raffineria di Cienfuegos, di costruzione sovietica, che raffinerà fino a 65 mila barili al giorno.

La politica petrolifera del Venezuele contrasta gli interessi delle compagnie nordamericane e per questo motivo la “Exxon Mobil” e la “Conoco Phillips” hanno annunciato l’interruzione delle loro attività in Venezuela mentre la “British Petroleum”, la francese “Total” e la norvegese “Statoil” hanno dimostrato di essere sempre interessate a lavorare nella Faglia dell'Orinoco anche se i diritti di sfruttamento dei giacimenti petroliferi nella Faglia dell’Orinoco saranno appannaggio del Governo venezuelano.
La sua posizione geografica del Venezuela lo pone molto vicino agli Stati Uniti ed è il produttore di petrolio a loro più vicino, questo permetterebbe di essere per molti anni tra i principali fornitori di idrocarburi della regione nord americana se si pensa che all'inizio del secolo più del 60% del petrolio estratto in Venezuela veniva fornito in quest’area.

Chavez ha in mente una politica molto più estesa, non intende fermarsi ai benefici che il petrolio può dare al proprio paese ma vuole cementare le alleanze degli Stati Latino Americani per affrancarsi dall'influenza e dalle mire di controllo Nord Americane. Sebbene alcuni leader Latino Americani non condividono i sentimenti anti-USA di Chavez ma desiderano rafforzare la loro indipendenza rispetto agli USA e l'oro nero venezuelano può essere la giusta via da percorrere. Con questa premessa è stato programmata la costruzione, all'unanimità, di gasdotto transcontinentale dal Venezuela all’Argentina, passando per Brasile, Uruguay e Paraguay per la lunghezza di circa 8 mila Km per un costo stimato di 23 milioni di dollari ed a cui si aggiungerà, in un secondo momento, anche il gas estratto in Bolivia.

Per la costruzione di questa importante infrastruttura nel continente Sud Americano Gazprom (Società Russa che estrae gas) ha da prima offerto la propria cooperazione e poi ha trovato l'intesa con i governi Sud Americani per partecipare alla costruzione ed alla posa dei tubi per trasportare il gas liquido.
Anche i cinesi e i giapponesi hanno bussato alla porta del Venezuela perche hanno il desiderio di ottenere petrolio da regioni più stabili di quelle lacerate da guerre e guerriglie dell’Oriente arabo. Così nell'ultima visita di Hugo Chavez a Pechino ha sottoscritto un'intesa che prevede entro il 2012 l’aumento delle esportazioni di petrolio alla R.P. Cinese passando da 150.000 fino a 1 milione di barili al giorno. Le compagnie giapponesi di investimenti commerciali “Marubeni” e “Mitsui Bussan” hanno firmato con PDVSA un contratto di 15 anni per la fornitura giornaliera di 200.000 barili di petrolio.

Washington, dopo tutti questi segnali che portano il Venezuela ha giocare un ruolo importante nello scacchiere del petrolio, ha espresso la propria preoccupazione per la politica petrolifera Venezuelana e per la conseguente uscita delle multinazionali statunitensi dal paese. George Bush parlando al Congresso nel messaggio annuale alla Nazione, ha dedicato molto spazio, oserei dire la metà, alle misure per garantire la sicurezza energetica del paese. Gli USA dipendono dal petrolio che in molti casi si importa dalle regioni instabili del mondo, ha ricordato il presidente ed a suo parere gli USA devono sviluppare tecnologie alternative per eliminare questa pesante dipendenza.

Per trovare nuove fonti energetiche alternative e rinnovabili dovrà passare molto tempo e così nell'immediato gli USA ,preoccupati dall'aumento del consumo interno con relativo aumento della spesa, attuano ogni forma di pressione possibile sul Venezuela per cercare di influenzare l'amministrazione dell'oro nero; ma l'elevata dipendenza USA dal petrolio estero è elevato e la congiuntura dei prezzi elevati offre ai paesi esportatori di idrocarburi come Venezuela ed Iran la possibilità di ignorare gli interessi e le pressioni USA.

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